A.C. 2188-A
Grazie, Presidente. Il testo che oggi si sottopone all'Assemblea riguarda l'ineleggibilità e l'incompatibilità dei magistrati e il loro ricollocamento in ruolo, appunto in occasione della loro partecipazione attiva alla vita politica del Paese.
Ritengo che, ponendo delle regole più chiare e precise alla partecipazione dei giudici all'attività politica, il provvedimento mira, appunto, ad esaltare – e sottolineo questo termine – i principi di imparzialità e di indipendenza e autonomia della magistratura, dando piena attuazione ai principi costituzionali.
Uno per tutti è l'articolo 51 della Costituzione, che sancisce il diritto di tutti i cittadini all'elettorato passivo, ovvero allo svolgimento del mandato, ovvero di accedere alle cariche pubbliche, di disporre del tempo necessario allo svolgimento del mandato e di conservare il proprio posto di lavoro.
Già l'articolo 51, riferendosi ai requisiti per l'accesso alle cariche elettive, consente che siano previsti i casi di ineleggibilità e, proprio per tale ragione, la norma costituzionale sottintende al bilanciamento di diversi interessi: da una parte, il diritto individuale all'elettorato passivo e, dall'altra, la tutela delle cariche pubbliche.
La Corte costituzionale ha più volte affermato che le cause di ineleggibilità sono di stretta interpretazione e devono essere contenute entro i limiti rigorosamente necessari al soddisfacimento delle esigenze di pubblico interesse. Quindi, quando il diritto alla candidabilità ed eleggibilità riguarda un magistrato che esercita la giustizia nel territorio italiano, occorre contemperare i diritti dell'elettorato passivo e quello di rappresentanza con il dovere, parimenti sancito dalla nostra Carta costituzionale, della doverosa imparzialità dei giudici.
Allora, entrando nel dettaglio della legge, mi soffermerei solo su alcuni articoli brevemente, in particolare gli articoli 1,2,5 e 6, per sottolineare la ratio della legge.
L'articolo 1 reca disposizioni in materia di candidabilità e di assunzione di incarichi di governo negli enti territoriali. I magistrati non possono essere candidati alle elezioni europee, politiche e amministrative e non possono assumere incarichi di governo negli enti locali, se nei cinque anni precedenti l'accettazione della candidatura o l'assunzione dell'incarico di governo hanno prestato servizio nel territorio di riferimento. Questi stessi magistrati non possono essere poi candidati alla carica di sindaco metropolitano, consigliere metropolitano oppure di semplice sindaco, consigliere comunale di circoscrizione o assessore comunale.
Rispetto alla disciplina precedente, attualmente vigente per le elezioni politiche, che cosa cambia in questo provvedimento ? È prevista una incandidabilità e non una ineleggibilità, come attualmente esiste; si estende la disciplina delle elezioni europee, però, per le elezioni europee, dove la circoscrizione elettorale comprende più regioni, i magistrati si possono candidare nelle circoscrizioni elettorali in cui non sono comprese le regioni in cui hanno prestato servizio negli ultimi cinque anni. Altra novità di questo provvedimento: eleva da sei mesi a cinque anni il periodo in cui il magistrato non deve avere prestato servizio nel territorio di riferimento ed estende l'incandidabilità a tutto il territorio regionale; i magistrati però possono candidarsi per le elezioni politiche in regioni, dove non hanno prestato servizio, nei cinque anni precedenti, prima dell'accettazione della candidatura. Quindi, non è, appunto, vietato candidarsi in altre regioni.
Il comma 3 è importante. Specifica che le disposizioni sull'incandidabilità e sull'obbligo di aspettativa non si applicano ai magistrati che abbiano cessato di appartenere all'ordine giudiziario da almeno due anni (per esempio, pensionamento o dimissioni). Quest'arco temporale è stato introdotto ex novo rispetto al testo previgente.
L'articolo 2 poi introduce il divieto di assumere incarichi di Governo nazionale, di Presidente del Consiglio. di Ministro, Viceministro eccetera, per i magistrati che non siano collocati in aspettativa.
Passo all'articolo 5. Pur disponendo quest'articolo in ordine a magistrati candidati ma non eletti, la ratio di questa norma è mirata alla circostanza che non si può affatto ignorare che, durante una campagna elettorale, comunque, si crea inevitabilmente un rapporto tra eletto ed elettori, in quel determinato collegio o in quel determinato territorio. Ma un rapporto che, in teoria, potrebbe, e in pratica anche, inficiare il rapporto di indipendenza e di autonomia della magistratura, che deve sempre, in ogni momento, caratterizzare la funzione giurisdizionale.
In quest'articolo, quindi, nell'articolo 5, pur mantenendo l'impianto del Senato, le Commissioni riunite hanno apportato alcune modifiche. In generale questa disposizione, che si applica ai magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari – quindi, non anche alla magistratura onoraria –, afferma il seguente principio, ovvero che i magistrati non eletti al Parlamento europeo, alla Camera e al Senato, sono ricollocati nel ruolo di provenienza, ma nei due anni successivi alla data delle elezioni non possono esercitare le funzioni o di inquirenti, né possono essere assegnato ad un ufficio che abbia che abbia una competenza ricadente nella circoscrizione elettorale in cui hanno presentato la loro candidatura.
Ed in ultimo l'articolo 6. Il magistrato ovviamente secondo la Costituzione ha l'obbligo di terzietà e autonomia durante l'esercizio delle sue funzioni giudicanti e requirenti e laddove per un periodo è chiamato ad esercitare la sua funzione politica è necessario e naturale che, oltre agli interessi della nazione, possa rappresentare anche le istanze dei cittadini di quel determinato territorio. È naturale che possa esprimere durante il suo mandato elettorale il punto di vista, anche parziale, della forza politica con cui è stato eletto e pertanto quando ritornerà alla sua funzione, e quindi a dover svolgere nuovamente il ruolo di terzietà e di autonomia, è indispensabile che torni ad esercitare questo ruolo con dei limiti che assicurino quei principi costituzionali di cui si è parlato abbondantemente. I magistrati quindi torneranno ad esercitare in territori diversi dalla circoscrizione in cui sono stati eletti e questa è la ratio sancita dall'articolo 6 che riguarda il ricollocamento dei magistrati eletti al Parlamento europeo, al Senato e alla Camera. I magistrati quindi che hanno assunto una carica politica in questi organi, alla cessazione del mandato parlamentare, qualora non abbiano maturato l'età del pensionamento, sono tenuti sul loro scelta ad optare per una serie di ipotesi riportate nel provvedimento di legge che non elenco, li riporta il testo scritto. Io ritengo davvero che questo sia un provvedimento che attua una disciplina molto equilibrata tra chi non voleva affatto nessun elemento di garanzia, tra chi non voleva nessun periodo di decantazione a garanzia dei cittadini e chi invece voleva norme ancora più restrittive. Questo provvedimento dà la possibilità concreta ad un'importante categoria quale la magistratura, che costituisce uno dei tre poteri dello Stato, che per un periodo di tempo della vita possa dare il proprio apporto di competenze e di professionalità sempre allo Stato, ma con modalità diverse. È molto importante che negli organi elettivi ci possano essere competenze diversificate, i magistrati eletti nel Parlamento italiano europeo o in altri organi rappresentativi potranno portare la loro esperienza e il loro sapere per unirla a quello delle tante altre professionalità che sono presenti in questi organi elettivi. Anch'io, e concludo, ci tengo a ribadire che nessuno all'interno della Commissione giustizia ha mai avuto interesse a rallentare l'invio in Aula parlamentare di questo provvedimento, né tanto meno ha posto in essere – nessuno – un comportamento finalizzato al ritardo. La presidente della Commissione giustizia, alla quale va tutta la mia personale stima per l'impegno e la dedizione che pone in tutti i numerosissimi provvedimenti che questa Commissione ha portato in Aula in questi anni di legislatura, non ha mai posto in essere comportamenti di ritardo verso questo provvedimento. Questo provvedimento è il frutto, come è stato detto, di un laborioso lavoro congiunto delle Commissioni affari costituzionali e giustizia, non ha alcun intento punitivo, anzi, come ho già detto, esalta i principi costituzionali di autonomia e indipendenza e terzietà, per regolamentare con ragionevolezza sia l'accesso dei magistrati, che il ritorno nei ranghi di origine del magistrato eletto o candidato non eletto .